venerdì 4 luglio 2014

And the winner is...

Premi letterari. Ce ne sono così tanti che ogni giorno potrei postare la cinquina dei finalisti. Eppure se ne conoscono pochi e quando se ne parla, perlomeno in Italia, si parla sempre di questi: Strega, Bancarella, Campiello. Personalmente sono stata nella giuria del Bancarella, e non è stata un’esperienza divertente. Li seguo, più per curiosità che per altro, e non mi hanno mai orientato nelle scelte di lettura. Ultimamente in quanto libraia leggevo almeno i primi classificati, con giudizi spesso discordanti sulla vittoria. Forse la parte più divertente dei premi è proprio il confronto con gli altri lettori. Perché se in Italia siamo tutti allenatori (in tema calcio e mondiali non scriverò nulla di più di questo) siamo anche tutti critici letterari.


Quest’anno lo Strega l’ha vinto Francesco Piccolo con Il desiderio di essere come tutti. Secondo classificato Antonio Scurati con Il padre infedele. La nota divertente è che Scurati partecipa per la seconda volta a distanza di pochi anni ed arriva ancora al secondo posto. Si vocifera che poco prima dell'annuncio della vittoria avendo capito di aver perso anche questa volta, abbia detto "Che stiamo a fare qui?" e poco dopo se ne sia subito andato.
Ho già letto Francesco Piccolo. O meglio, ho provato a leggerlo e a vedere se potesse piacermi. Leggo pochissimi italiani e mi spiace, vorrei leggerne di più ma non credo dipenda solo da me. Di Piccolo ho letto Momenti di trascurabile felicità (un libretto edito da Einaudi nella collana Arcipelago) che ho trovato di una banalità sconcertante, della serie che avrebbe potuto scriverlo anche il mio vicino di casa e La separazione del maschio, che ho trovato irritante. Quindi non lo leggerò più. Come persona invece mi è molto simpatica ed anche come autore televisivo e sceneggiatore (è sua la sceneggiatura de Il capitale umano di Virzì) lo trovo meritevole. 



La tendenza degli ultimi anni è quella di premiare dei romanzi poco letterari, molto diaristici, al confine con la saggistica. Mi vengono in mente Nesi e Siti. Le vendite ne hanno risentito. Piccolo è edito dal gruppo Mondadori, Scurati da Rcs; è consuetudine che i due gruppi si alternino nella vittoria del premio quindi nessuna possibilità che il mio favorito, Francesco Pecoraro con La vita in tempo di pace, edito da Ponte alle Grazie, potesse vincere. Però io lo consiglio, in controtendenza.

Questa recensione del romanzo è uscita su Alias – il manifesto.
Ne La vita in tempo di pace non c’è trama, in senso tecnico, se escludiamo il lungo e avvincente capitolo che vede Ivo Brandani, il protagonista, coinvolto in un viaggio in barca insieme al suo sadico superiore e alla di lui indecifrabile e impertinente “amica” (angosciante e claustrofobico triangolo velico che mi ha ricordato Il coltello nell’acqua, meraviglioso film di Roman Polanski di molti anni fa). Romanzo fluviale, modernista, céliniano: strutturato dalla debole griglia cronologica, a ritroso, della vita di Ivo Brandani: ingegnere e filosofo mancato, personaggio ossessivo e remissivo, gaddianamente attratto/respinto dal caos, dalla visceralità, dal contagio di tutto ciò che consuma e vanifica ogni tentativo di dare senso e ordine al mondo. La vita in tempo di pace è un libro cupo, terminale, schiettamente disperato: pessimismo radicale intriso di pensiero sociologico tardo novecentesco, segnato da quell’estremo tentativo di dare un volto storico alla propria sofferenza privata che è stato ed è per molti l’elaborazione del concetto-tormentone di “Occidente”. Brandani è la disillusione totale: un uomo tracimante passioni tristi, fallimenti, umori atrabiliari; spesso ridiamo delle sue parole, ma la sua ironia è il minimo sindacale della sopravvivenza psicologica in quel tempo di cui parla. Un barlume di riscatto giungerà, semmai, dalla lucidità con cui si perlustra il fondo della catastrofe: in questo (e in altro) il romanzo di Pecoraro ricorda i migliori Houellebecq. 

Segnalo anche il libro di Giuseppe Catozzella, Non dirmi che hai paura, Feltrinelli. Già vincitore del Premio Strega Giovani (era stato di buon auspicio anni fa per Giordano con la sua Solitudine), è una storia molto toccante adatta anche (soprattutto secondo me, a giovani adolescenti). Catozzella, classe 1976, giornalista e scrittore, si trovava in Kenya quando venne a conoscenza della storia di una ragazza somala ed è in quel momento che decide di scriverne. Samia Yusuf Omar è una bambina con una passione per la corsa, in un Paese dilaniato da una guerra etnica, in cui la religione musulmana influenza in maniera incisiva le vite dei cittadini. Il riscatto di un popolo e delle donne musulmane è ciò che muove questa ragazzina che si allena di notte pur di non incorrere in sguardi pericolosi. Con la sua caparbietà arriva a 17 anni alleOlimpiadi di Pechino nel 2008. Questo per lei è solo il primo passo verso una carriera che possa regalarle la libertà, tanto che punterà alle Olimpiadi del 2012 di Londra. L’Italia è il suo sognato traguardo per la libertà.Un romanzo che racconta cosa c’è dietro uno sbarco nelle nostre acque e cosa spinge ogni giorno migliaia di persone a mettersi nelle mani di mercanti di esseri umani. Il tutto con gli occhi della speranza di una ragazza simbolo eroico di una forte volontà.

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