Sono molto felice dell’assegnazione del premio nobel a Patrick Modiano. Devo ammettere che negli ultimi due anni mi trovo pienamente d’accordo con la giuria del premio che l’anno scorso ha dato l’opportunità a molti di conoscere i meravigliosi racconti di Alice Munro, e quest’anno focalizza l’attenzione su questo romanziere francese delicato e schivo che il pubblico italiano sembra ancora non aver compreso.
I suoi romanzi sono istantanee di vita con personaggi mai troppo a fuoco, funamboli moderni ed errabondi alla ricerca di un equilibrio. Anche se il dato di partenza è quasi sempre un’indagine sui dettagli del reale: una via, un biglietto d’autobus, un certificato di nascita, liste di nomi e indirizzi, geografie urbane; via via l’immagine si dissolve e fa più intima allo stesso tempo permettendo al lettore una immedesimazione quasi patologica nel personaggio descritto. Autobiografia del lettore, e dell’autore, che passa attraverso la narrazione.
Cosa vi consiglio?
Dora Bruder è splendido e merita di essere letto, regalato, prestato,come tutti i romanzi di Modiano, ma come introduzione preferisco consigliare Un pedigree perché in questo romanzo breve si può apprezzare pienamente l’originalità della scrittura di Modiano. In questo racconto, dichiaratamente autobiografico, il narratore, che è l’autore stesso, mantiene la sua posizione di osservatore distaccato, rifiutando di condannare, spiegare o capire. Cerca di scrivere la sua storia, e quella dei suoi genitori, come si redige un contratto, eppure quanta grazie, malinconia e tristezza ne fuoriesce.
Parigi, ottobre 1942. Durante l'Occupazione un uomo e una donna si incontrano. Lui è un ebreo di origini toscane, lei è una fiamminga arrivata a Parigi inseguendo l'impossibile sogno di diventare ballerina. I due si sposano e hanno due figli, uno è Patrick Modiano. Per vent'anni vivono in un appartamento al numero 15 di quai de Conti, ma quelle che conducono sono vite parallele che a volte si intrecciano per brevi istanti ma che non si incontrano mai del tutto. Intorno a loro gravita uno strano mondo, bizzarri personaggi che appaiono e scompaiono e che per brevi periodi abitano le stanze dell'appartamento: sono uomini d'affari le cui occupazioni sono sempre indefinite e misteriose, sono cinici profittatori ed esteti da strapazzo, mediocri attori e attricette pronte a tutto, registi già affermati e amanti di personaggi famosi (come Lucky Luciano o Billy Wilder), protettori e aristocratici in declino dalla dubbia sessualità. Sono uomini e donne che prima cercano di sfuggire alla guerra e alle deportazioni e che poi si arrangiano come possono nella difficile esistenza del dopoguerra.
A essere narrato in queste pagine è un universo di volti, a tratti solo un nome o un soprannome, che Modiano cerca di far riemergere dalla profondità della memoria per ricostruire una personale carta d'identità, o meglio per tracciare un impossibile e indefinito pedigree (lasciando però la sensazione che quella raccontata non sia mai la sua vita). Ma è anche un quadro di una strana epoca in odore di disastro in cui gli uomini sembrano abitare la città come se fosse una stazione. Sono tessere di una vita sempre vissuta dall'esterno, osservata e lasciata fluire, stralci di una Parigi-labirinto ossessivamente ricostruita nella sua esattezza topografica e ricchezza di dettagli. Ma mentre gli spazi urbani vengono meticolosamente nominati: caffè, negozi, bistrot, cinema, ristoranti, garage, quartieri, piazze, nelle strade della città si muovono solo ombre del passato.
Io che già lo amo spero che l’occasione sia propizia per nuove traduzioni dei suoi romanzi perché le case editrici italiane sembrano averlo dimenticato (ultimamente accade sempre più spesso).
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